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Agorà


Fast F.U.D.

Fast F.U.D.

di Rudi Giacomini Pilon

L'articolo...

Nell'industria del software vi sono stati un paio di casi eclatanti e ampiamente pubblicizzati di FUD che non saranno oggetto di questo articolo. Prendendo spunto da un caso recente, andrò semplicemente a confutare alcuni argomenti usati in maniera ambigua da un ben noto produttore di software, che tenta con tali mezzi di controbattere l'avanzata del software Open Source. Seguirà, a supporto degli argomenti sostenuti, una mini analisi con il calcolo del TCO di alcune soluzioni da me adottate



Come recita Wikipedia "FUD è un acronimo per Fear, Uncertainty, and Doubt (paura, incertezza e dubbio) ed è una tecnica di vendita, o marketing, che consiste nel disseminare informazioni negative, vaghe o non accurate su un prodotto concorrente".
L'obbiettivo è di far pensare al potenziale acquirente, senza affermarlo direttamente, che il prodotto concorrente non è all'altezza del prodotto pubblicizzato.

Prima di iniziare vorrei fare mio un concetto espresso più volte da Eric S. Raymond: "Il Free Software non ha bisogno di nemici per esistere". Il riferimento è chiaro: il Free Software esiste per le sue qualità intrinseche e non viene creato per entrare in concorrenza con altri prodotti più o meno commerciali. Quindi il tempo speso a parlare negativamente del software proprietario è speso inutilmente.
Pertanto questo articolo non vuole essere un invito a boicottare alcuna società, nè a portare avanti una critica ad alcun prodotto di alcuna società produttrice di software. La mia è, piuttosto, una presa di posizione contro i metodi sleali adottati da queste aziende per screditare il software Open Source ed il Free Software in particolare.

Chiaramente le tre qualità di base del Free Software ovvero:

fanno sì che le compagnie, che basano la loro esistenza sui profitti derivanti dalla vendita di software, vedano in malo modo l'espansione del Software Libero. Da qui l'adozione di comunicati pubblicitari falsi e tendenziosi per screditare il software Open Source. Chiaramente le campagne più accanite vengono da chi ha più da perdere dall'affermazione del software open. Per evitare di fare pubblicità indiretta a tali compagnie eviterò di nominarle direttamente. A buon intenditor...

Veniamo ai fatti: da alcuni mesi sopporto malvolentieri pubblicità a doppia pagina presenti in varie riviste informatiche. Tali inserzioni mi infastidiscono in quanto pongono, falsamente, l'accento sui vari, ipotetici difetti del software Open Source ed in particolare di GNU/Linux. Si tratta di FUD bello e buono: di seguito riporterò in maniera quanto più fedele possibile tali messaggi e cercherò di confrontarli con la mia visione delle cose.

Il primo messaggio, che si tenta di farci digerire, recita più o meno quanto segue:
"Con il passaggio da una soluzione Open Source a " <--ben noto sistema operativo --> " l'azienda xyz ha valutato un complessivo aumento del ROI del 10%".
Segue una foto del responsabile IT dell'azienda xyz (di volta in volta un gruppo bancario, una grossa azienda di produzione o una finanziaria...), il quale dichiara di essere felice di avere migrato 10.000 stazioni da Linux al sistema operativo pubblicizzato (che di qui in avanti verrà indicato, per convenienza, con la sigla SOP).
Quindi il messaggio riporta che una certa azienda, xyz, ha alla data attuale circa 10.000 client GNU/Linux e, dopo aver valutato negativamente un insieme di costi e ritorni di investimento (non meglio definiti), decide di passare a SOP.

Qui mi sorgono dei dubbi pazzeschi! Vorrei fare un salto indietro nel tempo e fare un piccolo esercizio di memoria per rendervi partecipi della mia esperienza personale.
Ho adottato GNU/Linux nel 1996: all'epoca avevo trovato dei floppy con una mini-distribuzione in una rivista; se ben ricordo la lodevole iniziativa era dovuta alla buona volontà di un certo Tony Mobily che collaborava (o forse ne era addirittura direttore) con la suddetta rivista e che penso essere lo stesso personaggio da poco ricomparso come fondatore del Free Software Magazine. In quegli anni la navigazione internet era lenta e costosa e, per trovare un minimo di documentazione e di informazioni, compravo ogni mese una rivista di programmazione nella quale comparivano, saltuariamente, degli articoli sul nostro beneamato sistema operativo.
Nel 1998 la situazione era migliorata: avevo dedicato a Linux una partizione del mio PC e si iniziavano a reperire dei CD, allegati alle riviste, ai quali bastava aggiungere qualche applicativo scaricato da internet.
Una mia proposta, fatta al mio datore di lavoro, di utilizzare Linux per risolvere determinati problemi di alcuni clienti è stata fatale: il suddetto ed i colleghi hanno iniziato a prendermi per pazzo fanatico.
Nel 1999, dopo aver cambiato posto di lavoro e forte della mia posizione di responsabile IT, ho iniziato ad adottare Linux come file server.
Un anno dopo leggevo sulle riviste che i responsabili IT intervistati sull'argomento, negavano, negavano sempre. Solo alcuni ammettevano che "forse c'era qualcuno dei loro tecnici, il quale forse da qualche parte utilizzava un PC con Linux".

Ora, dopo questa lunga digressione storico-biografica, vi chiederete dove voglio andare a parare.
La risposta è ovvia.
Faccio appello alla vostra intelligenza: secondo voi se nel 1999 nessuno, stando alle interviste, voleva adottare ufficialmente Linux, come mai 6 anni dopo qualcuno migra migliaia di PC da Linux a SOP?
Niente di strano! Dirà qualcuno.
Vorrei ben vedere... La notizia dello scorso anno relativa alla migrazione dei client del Comune di Monaco a GNU/Linux ha fatto scalpore per mesi nelle riviste.
Com'è che nulla si è saputo dell'italica conversione di migliaia di macchine a Linux effettuata dall'azienda xyz (di cui sopra) fra il 2000 e il 2005? E se anche tale conversione fosse stata fatta nel più assoluto silenzio, o magari coperta dai clamori dell' Y2K e del passaggio all'euro, presumo che non possa essere datata prima del 2002/2003, visto che tre anni (preso come riferimento il 1999) sarebbero un tempo minimo per cambiare idea e migrare le migliaia di postazioni dopo un adeguato periodo di test. Tre anni compresi in un periodo in cui tutti erano preoccupati per l'Y2K per l'euro e per la successiva depressione che ha colpito i mercati IT.
Quindi, in soli due-tre anni, dopo un investimento pazzesco, questi mitici IT manager sarebbero già in grado di effettuare una corretta valutazione del ROI (Ritorno d'investimento) e decidere che GNU/Linux costa troppo e che è più conveniente passare a SOP?
Li invidio! Invidio la loro azienda che ha le idee così chiare e, soprattutto, invidio chi è riuscito a credere a una sciocchezza del genere...

Una variante della suddetta pubblicità contiene invece la seguente affermazione:
"Un significativo impiego di Linux nelle medie e grandi imprese non è né semplice né esente da costi e, come affermano i responsabili di importanti società, una migrazione da SOP a Linux può portare a un aumento dei costi di gestione" . Vengono quindi riportati dei riferimenti ad una ricerca di mercato effettuata da una - diversa di volta in volta - società del settore.

Bene! Innanzitutto faccio notare che non viene mai usato il termine GNU/Linux; inoltre si va a contraddirre la precedente affermazione in quanto le migrazioni hanno dei costi, quindi le ipotesi di migrazioni e contro-migrazioni fanno ancora più sorridere.
Per quanto riguarda questo messaggio, da un certo punto di vista è tutto vero. Ma vorrei ben vedere se non fosse vero anche il contrario: l'aumento dei costi nel caso di migrazione inversa, cioè da Linux ad altri sistemi operativi. Si tratta di capirne i termini: qualsiasi migrazione aumenta i costi di gestione immediati in quanto il costo stesso della migrazione va a inserirsi nei costi di gestione. Nel lungo termine, però, la gestione del sistema operativo può avere costi maggiori o minori a seconda: degli strumenti (di solito di terze parti) che il sistema operativo fornisce per l'amministrazione e da cosa consideriamo nei costi di gestione. Ad esempio se consideriamo anche i costi dovuti ai blocchi inspiegabili del sistema operativo, può accadere che i costi di gestione di Linux possano risultare nel lungo termine di molto inferiori in quanto è generalmente un sistema molto stabile, contrariamente al SOP.
A questo proposito penso che tornare alla mia esperienza personale possa essere esemplare.

Sempre rispolverando con la memoria quel 1999 di cui sopra, nel prendere servizio presso l'azienda presso la quale ancora lavoro, trovai installato un file server costituito da una macchina biprocessore con il SOP in versione Server. Il precedente responsabile IT mi spiegò che, per un motivo ignoto, era necessario riavviare il server quattro volte al giorno in quanto si bloccava inspiegabilmente. Trovando chiaramente assurda la situazione, e forte delle mie convinzioni di essere un valido sistemista, dopo avere momentaneamente trasferito i dati su un server provvisorio tentai la formattazione e reinstallazione del sistema operativo. Applicai tutta la mia perizia ed ottenni di ridurre i blocchi ad uno ogni sette-dieci giorni. Un netto miglioramento, ma il problema non voleva sparire (e io cominciavo a dubitare di essere un valido sistemista). A quel punto, dopo aver spostato di nuovo i dati in un server provvisorio, installai una distribuzione Red Hat (6.2 se non ricordo male). Configurai Samba in modo da imitare il file server proprietario e riconfigurai gli utenti. Un anno dopo ero passato da venti a ottanta client senza aver mai avuto la necessità di riavviare il sistema.
Ora, passare da quattro blocchi al giorno con relativi disagi e perdite di file, a zero problemi in sei anni mi sembra già una diminuzione dei costi passivi. Questo era solo l'esempio più eclatante che avevo a disposizione, né potrei citare tanti altri.

Ma cominciamo a fare i conti con l'amministrazione del sistema...

Ricordo che stiamo parlando del solo file server. Ho installato e configurato il sistema operativo ed il Samba server come PDC in mezza giornata. E nella giornata successiva ho inserito i primi venti utenti con l'utility Linuxconf. I tempi con il SOP non sarebbero stati minori né lo sarebbero stati per l'aggiunta di altri utenti. Quindi i costi di amministrazione del sistema sono presumibilmente gli stessi.
Linux è quindi finora in vantaggio perché non ha sofferto di blocchi.
Andiamo ad analizzare ora i costi di acquisto. Ai prezzi di listino attuale la versione Server di SOP costa 1.300 euro circa ed include cinque licenze client. A questo costo vanno aggiunti circa 200 euro ogni cinque client per un totale approssimato di 3.000 euro nel caso di ottanta client (il calcolo è approssimativo con i listini internet del 05/2005 e senza tenere conto di sconti per volume).
Per l'installazione che ho scelto io avevo acquistato un pacchetto intero di Red Hat Linux e relativo supporto (perché ritenevo corretto in qualche maniera sponsorizzare il software Open Source) e al momento dell' installazione iniziale avevo utilizzato un CD trovato in una rivista (costo medio attuale sei euro) e non ero tenuto all' acquisto di alcuna licenza.
Direi che, includendo anche il prezzo d'acquisto nei costi di gestione, abbiamo ancora di più un netto vantaggio per Linux.

L'affermazione è ancora più valida in quanto tutte le distribuzioni GNU/Linux portano con se molti altri software aggiuntivi. Nel mio caso ho, in seguito, installato anche la posta elettronica per tutte le postazioni, creato un sito interno che utilizziamo per distribuire le informazioni in azienda e, appoggiandomi ad esso, ho creato delle applicazioni in PHP che si basano su un database MySQL.
Con il SOP, invece, avrei dovuto acquistare:

Avrei poi dovuto far funzionare tutto insieme al meglio con i dovuti costi di amministrazione che sarebbero andati ad incrementare i costi di gestione.

Morale della storia: stanno facendo di tutto per convincerci che il risparmio sul costo iniziale non è un fattore determinante per passare al software Open Source in quanto ci sono dei forti costi di amministrazione che vanno ad aumentare le spese di gestione. In realtà, per mia esperienza, trovo i costi di amministrazione molto simili, per cui il costo iniziale può incidere in maniera pesante in caso di realtà medio-piccole. Quindi, a parità di costi, la stabilità dei sistemi GNU/Linux potrebbe far pendere fortemente l' ago della bilancia verso questi ultimi, a patto, ovviamente, di cercare di utilizzare le distribuzioni più stabili.

Linux ha sicuramente molti impieghi, ben più di quelli a cui ho accennato, ed è imbattibile come server in qualsiasi utilizzo (web file, fax, print, application-server) ma a negazione di quanto finora esposto non sono pronto a consigliarlo come client perché non ritengo pronti gli utenti.
So che con questa affermazione farò da catalizzatore a tempeste di insulti e scatenerò infinite polemiche ma permettetemi di spiegare: Linux era pronto come client già alcuni anni fa; lo uso nel mio computer almeno dal 2000 con pochi rimpianti per il sistema operativo che occupava il PC in precedenza, ma trovo che il tentativo di renderlo user friendly ne stia minando la stabilità e mi pare ci si stia avviando verso una strada pericolosa già percorsa da altri, in quanto vedo comparire sempre più applicazioni monolitiche lontane dallo stile *NIX.
Anziché semplificare l'uso di Linux come sistema operativo client credo che si dovrebbe alzare leggermente la barriera iniziale (riportando la situazione a quella di un paio d'anni fa) in modo da costringere gli utenti a studiare prima di usare il computer. Questo per evitare che ci siano sempre più persone che, avvicinandosi baldanzose al PC pensando di sapere quello che stanno facendo, causino guai immensi. Perciò creare qualche ostacolo, a volte, può fare del bene. Dopotutto, nelle aziende, prima di utilizzare attrezzature pericolose, viene richiesta un'adeguata preparazione agli operatori; non vedo perché con i computer le cose dovrebbero essere differenti visto il potenziale distruttivo dei PC. Chi non vede il problema probabilmente non ha mai visto un utente cancellare tutta la contabilità di un azienda con un colpo di mouse.
Abbassare le difficoltà d'uso del PC è una buona cosa e contribuisce ad abbassare i costi di gestione di cui abbiamo parlato, ma questo non deve portare ad abbassare le difese fino a permettere anche le operazioni più distruttive. Trovare l'equilibrio è difficile; nel dubbio, personalmente, preferirei venisse adottata la maggior cautela possibile. Solo questo potrà permettere di continuare a combattere il FUD con la certezza che certi sistemi operativi possano essere migliori di altri per stabilità se non per semplicità d'uso.



L'autore

Rudi Giacomini Pilon, programmatore dall'età di 14 anni, ex progettista elettronico, ex hardwarista e sistemista presso un Microsoft Solution Provider, ex esperto di reti e programmatore in una concessionaria IBM, incontra Linux nel 1994 e da allora vede pinguini ovunque. Dal 1999 è responsabile EDP in una SpA ove affronta l'informatica a 538 gradi (360 erano pochi).


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