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Durante la conferenza "Nuove norme di tutela del diritto d'autore", tenutasi alla Sapienza di Roma lo scorso 20 aprile, Siae e relatore della normativa non hanno apportato alcun elemento chiarificatore, ma aggiunto solo elementi preoccupanti
Finalmente un faccia a faccia per far luce su aspetti che la legge 248/2000, "Nuove norme di tutela del diritto d'autore", non definisce con chiarezza, aspetti che gettano invece un'ombra restrittiva sulla diffusione e la ridistribuzione del software libero. Poteva essere questo lo scopo della conferenza tenutasi il 20 aprile scorso all'Università La Sapienza, "Licenze Open Source in Italia ed in Europa", organizzata dal LugRoma. Presenti, per il fronte software libero, Alessandro Rubini, sviluppatore indipendente, e Andrea Monti, associazione Alcei. Per il fronte opposto, invece, Angelo Altea, il parlamentare diessino relatore della legge 248/2000, e Paolo Agoglia, responsabile del dipartimento affari legislativi della Siae (Società Italiana degli Autori ed Editori). A moderare il dibattito Domenico Pito (RaiNetNews).
Invece è stata un'occasione mancata. Il rimprovero non va all'organizzazione. Va alle istituzioni, rappresentate da Agoglia e Altea, i quali non solo non hanno aggiunto alcun dettaglio illuminante su una legge che si presenta come molto più repressiva di quanto le direttive europee consiglino, ma confermano quanto si sospettasse: il software libero, le licenze della Free Software Foundation, la filosofia che sta dietro a GNU/Linux sono del tutto ignorati (da leggersi, non sono per nulla conosciuti).
Lo dimostrano palesi controsensi pronunciati dal deputato ("Ma se non appongo il bollino Siae ad un cd-rom di Linux come faccio a sapere che non è stato piratato?"). Lo ribadiscono concetti vaghi del dirigente Siae, che definisce il "supporto informatico" come qualsiasi supporto "offline", riferendosi solo a cd-rom e floppy ed escludendo una larga fascia di altri supporti offline, come dischi rigidi, unità esterne e di back up. Interpretazione o disposizione di legge? La risposta più logica, allo stato attuale, sembrerebbe la prima, perché nel testo della 248 non si legge un riferimento esplicito a questo proposito.
Già, l'interpretazione della legge è quella che manca. E si resterà con le proprie incertezze circa la legittimità del modello di diffusione del software libero in Italia almeno finché non sarà finalmente varato il regolamento d'attuazione relativo. Regolamento - è una delle poche informazioni che si è riusciti a strappare ad Altea - sotto segreto. Perché? "Chiedetelo alla presidenza del consiglio dei ministri" (sempre Altea), il quale avrebbe preso visione delle bozze (o almeno così si capisce dalle sue parole). Ma non anticipa nulla.
Come regolarsi dunque con questa legge? Il bollino Siae va apposto a Linux e al software libero? Siamo passibili di condanne penali seguendo le modalità di diffusione del software stabilite dalla licenza GNU/GPL? Nessuna risposta, se non la puntualizzazione che i programmi per elaboratore vanno monitorati al loro ingresso nel "circuito pubblico" perché la circolazione del software è un "problema di pubblica sicurezza". Ci spieghi meglio, dottor Altea, perché non abbiamo capito. I cd rom con una distribuzione di Linux sono un pericolo? Rappresentano una minaccia sovversiva? Disturbano la quiete dei cittadini e ne mettono a repentaglio l'incolumità? A noi non sembra nulla di tutto questo. Ma forse le lobby dell'informatica, quelle che giocano un ruolo fondamentale nell'indirizzamento politico di una legge, non la pensano allo stesso modo. O forse, più verosimilmente, i profitti dei monopolisti del mercato hi tech sono più importanti di un modello che vede nella libertà di diffusione e copia legale del software il suo punto di forza.
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