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Sistemi Liberi
a cura di Rudi Giacomini Pilon
L'articolo...La cronaca di un'installazione di un'unita di backup IDE su un server Linux con evidenziati alcuni trabocchetti incontrati nel percorso |
Quella che segue è la cronaca del percorso seguito per
installare un'unità di backup su un server GNU/Linux.
L'intento era quello di dotare gli utenti di un file server
non-NT e di fornire un servizio di backup.
Questo è il primo file server GNU/Linux introdotto nell'azienda,
e la scelta della distribuzione è caduta sulla
distribuzione Red Hat solo per ragioni di esperienza
personale.
La scelta dell'unità di backup è stata un po'
atipica, in quanto non è stata il risultato di un analisi
tecnica, quanto piuttosto dettata da ragioni di costo:
abbiamo recuperato un'unità che aveva un'altra
destinazione iniziale d'uso. In parole povere mi sono trovato a
disposizione un'unità HP Colorado 14G IDE interna da
"riciclare".
Altra premessa fondamentale è che il sottoscritto usa
Linux, come utente, da 3 anni circa, ma ha sempre amministrato
reti NT (con tutti i problemi del caso). Molte cose che
andrò a spiegare sono forse scontate per un
professionista, ma sono un esempio di come un neofita può
comunque affrontare un problema e risolverlo.
L'installazione del sistema operativo è stata "custom". Per scelta,
infatti, sono stati esclusi i
pacchetti dei giochi e di altre amenità ritenute superflue per le
funzioni scelte per il server. Non ho eseguito l'installazione
con la modalità che Red Hat definisce "server"
perchè volevo avere il controllo della situazione, ovvero
dei pacchetti installati.
Dopo l'installazione ho verificato che, al boot, l'unità
di backup venisse rilevata dal sistema come hdd (tale indicazione
compare fra i messaggi mostrati all'avvio del sistema).
L'unità è infatti collegata come disco slave sul
secondo controller IDE, e quindi l'identificazione era corretta. A
questo punto non ero assolutamente al corrente di cosa fare per
effettuare un backup.
Da alcuni articoli letti sulla Linux Gazette (http://www.linuxgazette.com) ricordavo che
era sufficiente esguire un comando tar con destinazione il
dispositivo che rappresenta l'unità a nastro. Mi sembra
superfluo dire che qualcosa del tipo
tar -cvf nomefile /dev/hdd |
non ha funzionato.
A questo punto il sottoscritto ha scaricato da internet il
file BACKUP HOW-TO; male interpretando le istruzioni contenute,
ho confuso la mia unità IDE con un'unità floppy (ovvero
una di quellle unità di backup che si collegano in cascata
al floppy disk).
Dopo vari tentativi per l'installazione del modulo ftape, (ovvero
il driver per le unità floppy-tape), è giunta
l'illuminazione: dopo un ennesimo stupido tentativo di scrittura
su /dev/hdd ho eseguito un comando lsmod per vedere se il modulo
ftape venisse caricato in memoria. Al suo posto trovavo un
ide-tape caricato automaticamente.
Nuova ricerca e nuove informazioni: l'errore da me commesso
era evidente, non avevo a che fare con un floppy tape ma con un
ide tape.
Una nota in calce alla lista delle unità di backup
supportate su www.redhat.com
recitava quanto segue:
Make sure you load the ide-tape.o module... the tape drive will
then likely appear as /dev/ht0. Do a "ln -s /dev/ht0
/dev/tape"...
Ovvero: "Verificate di aver caricato il modulo ide-tape...
l'unità a nastro a quel punto sarà identificata
come /dev/ht0. Eseguite il comando ln -s /dev/ht0
/dev/tape ...." Dopo aver creato il link soprariportato
vi assicuro che l'operazione:
tar -cvf nomefile /dev/tape |
ha fatto il suo dovere.
Per le operazioni di backup è stato poi creato uno
script (copiato di sana pianta dal "Backup how-to"), nel quale
è necessario configurare le righe seguenti:
EMAILTO=<nomeutente@dominio> ovvero il destinatario degli
avvisi
DESTFILE="/dev/tape" ovvero il device dell'unità
BACKUPFILES="/root /etc /home" directory di cui eseguire il
backup
In tale script sono previsti 2 livelli di backup (0 o 1) da
passare come parametro allo script stesso: il livello 0 esegue un
backup completo, il livello uno esegue un backup incrementale.
Lo script è stato salvato in /usr/local/bin col nome
backup.sh (come suggerito dall'how-to).
Dopo questo è stato "sufficiente" :-) schedulare le
operazioni di backup con cron:
Cron
Ovviamente conviene che i processi schedulati non
richiedano interattività da parte dell'operatore, altrimenti
si rischia di ritrovarsi una serie di richieste di conferma in
attesa del nostro ritorno dalle ferie.
A questo punto per avere un server funzionante era sufficiente configurare samba, gli utenti, creare le directory condivise e poco altro...
L'autoreRudi Giacomini Pilon, programmatore dall'età di 14 anni, ex progettista elettronico, ex hardwarista e sistemista presso un Microsoft Solution Provider, ex esperto di reti e programmatore in una concessionaria IBM, incontra Linux nel 1994 e da allora vede pinguini ovunque. Dal 1999 è responsabile EDP in una SpA ove affronta l'informatica a 538 gradi (360 erano pochi). |
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